Per Etruschi e Romani le apparizioni di manifestazioni naturali
prodigiose, fuori dalla norma, inspiegabili intellettualmente erano
ritenute segni degli dei per manifestare la loro presenza, la loro
volontà o il loro disappunto.
Tra questi segnali erano ritenuti in
particolare considerazione i cosiddetti PRODIGIA (etimologicamente
traducibili come preannunci) e MONSTRA (etimologicamente traducibile
come ciò che serve da monito e in seguito indicante creature
dall'aspetto deforme e spaventoso), segnali che trascendevano l'ordine
naturale delle cose e ed erano interpretati come preannuncio divino di
calamità od eventi per lo più infausti.
Livio e Giulio Ossequente
(autore di un Liber Prodigiorum) sono la nostra maggiore fonte di
informazioni riguardo la segnalazione di prodigi durante i primi secoli
della Repubblica . Per gli storici romani fu possibile aver maggior
informazioni e i dati a disposizione a partire dal 296 A. C , quando,
il Pontefice Massimo iniziò ad affiggere sulle mura della Regia la
Tabula Ponteficis ,un resoconto in cui erano riportati i principali
avvenimenti dell'anno, tra cui l'eventuale indicazione di prodigi
avvenuti.
Segnalati come sia prodigia e monstra erano le nascite di
animali o esseri umani che presentavano particolari anomalie o
deformazioni fisiche significative ( creature con due teste, vitelli con
cinque zampe, fratelli siamesi....) ma soprattutto le nascite di
bambini androgini erano considerati tra i prodigia monstra i più gravi e
nefasti, reputati "foedum atque turpem prodigium", un “ prodigio
infausto e turpe” che metteva a repentaglio l'ordine naturale ,
portatore di sventure, elemento che rompeva la pax tra gli uomini e gli
dei.
In seguito alla nascita di esseri androgini o anche dopo la
individuazione di ragazzi che presentavano caratteristiche androgine
venivano informati di ciò i consoli, che raccolte informazioni e
testimonianze al riguardo, erano tenuti a fare una relazione al Senato, e
questo dopo le audizioni e sentito il parere degli aruspici etruschi
chiamati ad studiare il prodigio, deliberava e votava un decreto con il
quale si dichiarava di assumere, in nome dello Stato, la piena
responsabilità dei prodigi e ordinava le procedure da seguire.
Di
norma, quando i prodigia, seppure riguardanti la collettività e il non
singolo individuo, rientravano nell’ordinarietà, il Senato richiedeva
l’espletazione dei riti di espiazione (piacula) al collegio dei
pontefici; nei casi più complessi , come nel caso dei prodigia monstra
ci si rivolgeva ai decemviri sacris faciundis per la consultazione dei
libri sibillini e agli aruspici . Nella espiazione degli androgini la
prassi rituale vedeva spesso coinvolti insieme aruspici e decemviri
sacris faciundis
Dopo aver ottenuto il responso dai sacerdoti e la
prescrizione del rito espiatorio appropriato per riconciliarsi con le
divinità, il Senato ordinava la procuratio prodigiorum ossia tutta la
messa in atto dei riti proposti.
Nel caso di monstra animali o di
infanti con particolari deformazioni (fetus obsceni) gli aruspici
prescrivevano il rogo di costoro su pire preparate con legname di
arbores infelices, di solito rovi, e le ceneri erano poi sparse
nell’acqua. Nel caso degli androgini il decretum degli aruspici era
sempre la soppressione di costoro tramite annegamento o la deposizione
di queste creature in casse di legno che dovevano essere poi immerse in
mare o nel corso del Tevere.
Durante l’annegamento gli aruspici
probabilmente celebrano ulteriori riti, ma la gestione dei riti
espiatori era lasciata ai pontefici e ai decemviri sacris faciundis che
consultavano i libri sibillini, da loro custoditi, per eseguire la
ritualistica espiatoria adeguata.
Normalmente la prescrizione dei
rituali per i casi di prodigi di androgini prevedeva la processione di
vergini che, intonanti un apposito coro, portavano offerte al tempo di
Iuno Regina sull’Aventino e una serie di sacrifici a Cerere, Proserpina e
a volte anche ad Ade.
Si è ipotizzato che il rito di espiazione
dell’ androgino aveva dunque origine centro-italiche, con influenze
etrusche e greche.
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