Il
ritrovamento sul suolo italico di
reperti lignei e di noccioli di olive, in contesti archeologici dell’età
preistorica ,fa ipotizzare che l’ ulivo, almeno a livello di pianta selvatica(
il cosiddetto oleaster), facesse parte della flora autoctona italiana, ma per
assistere alla presenza di coltivazioni intensive di ulivi domestici bisognerà
aspettare l’arrivo dei coloni greci nell’Italia meridionale a partire dall’VIII
secolo A.C. Nelle colonie delle Magna Grecia la fertilità del sottosuolo e il
clima idoneo fecero si che le colture degli ulivi divenissero le colture più
diffuse e redditizie. Per quanto
concerne gli Etruschi inizialmente non coltivavano piante di ulivo anche se
facevano largo uso di olio importato principalmente dalla Grecia e dal levante
asiatico, ed impiegato, oltre che per uso alimentare, anche per l’illuminazione
e per la preparazione di unguenti e balsami. A partire dal terzo quarto del VII
secolo A.C iniziano a comparire anfore olearie ed askoi di fattura etrusca che testimoniano che gli Etruschi iniziarono
a coltivare ulivi nei loro territori e a produrre olio ed olive(per uso
alimentare).
Molto
probabilmente fu dalla vicina Magna Grecia che gli Etruschi acquisirono le
tecniche di coltivazione degli ulivi e di estrazione dell’olio. L’olio assieme
al vino conservati negli appositi vasi iniziano
a comparire con maggiore frequenza nei corredi funerari, segno che
questi prodotti, ritenuti un tempo beni di lusso, sono a partire dal VII/VI
secolo prodotti di consumo comune anche tra gli strati meno
agiati della popolazione Rasna. L’
olivicoltura diviene così, in pochi secoli, una delle maggiori attività
agricole diffuse in Etruria, sia nelle zone costiere che in quelle
collinari. Conferma di una origine greca
dell’introduzione della coltivazione degli ulivi in Etruria è la terminologia
olearia greca presa in prestito dalla lingua etrusca, basti pensare ad èlaion
(etrusco eleiva=olio ) ed amorgon (etrusco amurca= morchia) come riporta Varrone nel De
Lingua Latina.
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